Questa è l’intervista integrale, redatta per la Cronaca di Mantova, settimanale
della provincia mantovana uscito lo scorso 30 novembre, a pochi giorni dalla pubblicazione del libro.
Anita, donna forte e di origine croata,
è la protagonista del racconto, il filo conduttore tra i “personaggi” di una
storia quotidiana, che si consuma da anni oltre i cancelli dell’istituto
psichiatrico giudiziario in località Ghisiola. Con lei entriamo nel reparto
femminile Arcobaleno, l’unico in Italia, e siamo circondati da malate di mente
e operatori e infermieri con compiti delicati e particolari. Ci sono, come evidenzia
lo psichiatra Giovanni Rossi nella
prefazione «donne che cercano e trovano solidarietà chiuse entro esperienze
drammatiche e, soprattutto, definitive».
Il testo «scandito dai turni di lavoro
di un’operatrice e arricchito da una serie di interventi diretti, contiene
anche alcuni inserti frutto della fantasia e qualche informazione storica e
tecnica sull’istituto, introdotti al fine di rendere da un lato più piacevole e
coinvolgente la lettura, dall’altro di completare la panoramica di questo luogo
che accoglie e cura persone affette dalla malattia mentale. Persone, non
mostri» sottolinea Francesca Gardenato, giornalista che ha scritto al fianco
della protagonista, ha raccolto il suo vissuto e curato le testimonianze e
l’editing del libro pubblicato da Sometti. C’è un universo femminile in questo
lavoro.
Anita e Francesca rispondono alle
domande del giornalista Luca Cremonesi
1) Come nasce
questo libro?
«La storia
comincia così: ci sono due amiche, Anita e Francesca. La prima lavora come
operatrice sociosanitaria all’Ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione
delle Stiviere e l’altra è giornalista freelance e da tempo lavora con la
scrittura. Entrambe hanno la passione per il sociale, entrambe hanno il
desiderio di raccontare. Così, in una notte di primavera del 2011, nasce l’idea
di trasformare in un libro attraverso l’esperienza di Anita e con l’aiuto e la
mano ‘fluida’ di Francesca la vita vera delle pazienti e la fatica, ma
anche le soddisfazioni, degli operatori sanitari dell’Opg. Pian piano prende
forma questo testo che per la prima volta mette al centro operatori, non
medici, racconta le storie di alcuni pazienti e le coinvolge non in maniera
scabrosa e con l’intento di cogliere uno scoop, ma con umana onestà. Cercando
di restituire dignità e la giusta attenzione a tante persone che soffrono e che
sono entrate in Opg per essere curate. Il nostro primo obiettivo era far
conoscere cos’è l’Opg a chi di questa realtà o non ha mai sentito parlare o sa
ancora troppo poco».
2)
Raccontarel’Opg al territorio, è una necessità ma è anche un bisogno, perché
davvero l'OPG è il "buco nero" di Castiglione. Quanto lavoro è
costato questa idea?
«Non sta a
noi giudicare se l’Opg sia o meno il “buco nero” di Castiglione delle Stiviere.
Di certo al territorio questo ospedale ha a dato molto, in termini di posti di
lavoro in primis. E l’espressione “buco nero” dimostra come questo ambiente per
molti versi oscuro, poco o male conosciuto, sia diventato nel tempo una sorta
di un mondo parallelo, che istintivamente la società tende a temere e a mantenere
a distanza.
Quanta fatica
ci è costato questo libro? Il piacere di scrivere è grande e assorbe
completamente. Non si può parlare di fatica, ma di impegno, dedizione, energie
che sono state unite per essere incanalate su questo progetto, nato dopo un
anno e mezzo di osservazioni, interviste e lavoro a volte individuale altre
volte di coppia. Una collaborazione che, ci auguriamo, sarà ben accolta dai
nostri lettori».
3) Raccontare
una storia è sempre raccontare la propria storia: dopo questo
"viaggio" cosa è cambiato in voi?
«Non si può
dire che questo “viaggio” abbia cambiato qualcosa, ma forse è meglio usare la
parola arricchito. Siamo fiere, felici ma sopratutto orgogliose di aver potuto,
nel nostro piccolo, contribuire a smascherare quell’atmosfera che tutti pensano
“agghiacciante o mostruosa” dell’Opg. La struttura di Castiglione, il reparto
Arcobaleno in particolare, ha molta umanità al suo interno. Il personale che
lavora dentro non ha né manganelli né atri strumenti simili, ma tanta pazienza
e professionalità a disposizione del prossimo, che sono i pazienti. Chi lavora
lì sa che deve fare del proprio meglio per aiutare le donne ingiustamente
stigmatizzate dalla società e dai media, perché malate di mente. Ed è la
malattia che le ha spinte a compiere certi crimini. La scrittura ha comunque
dato qualcosa a entrambe, se pur in modi diversi. Il beneficiario vero del
nostro lavoro, però, è sempre il lettore. Questo libro è nato per avvicinare l’argomento
a tutti, con semplicità e chiarezza, senza tecnicismi e false dichiarazioni,
perché chiunque potesse conoscere cosa significa lavorare e vivere in un Opg».
4) Come
pensate venga accolto il libro?
«Come già accennato, questo libro è nato proprio per
far sapere non solo a Castiglione e ai comuni vicini, ma all’Italia intera come
si vive in questo Opg. Un istituto che, per la propria storia e
l’organizzazione interna, è molto diverso dagli altri cinque situati sul
territorio nazionale. Perciò le speranze che “Passi bianchi e silenziosi” avrà
un buon successo sono fondate. Comunque sia, alla fine, la curiosità delle
persone è sempre tanta, specialmente verso le storie che ci sembrano così
vicine alla nostra vita, che carpiscono la nostra attenzione perché apparentemente
“normali” o stranamente “misteriose”, ma di cui non riusciamo a capire o a cogliere
tutti i dettagli. Quella voglia di saperne di più sui disagi della malattia
mentale forse troverà un po’ di soddisfazione anche in questo testo, che
comunque è ricco anche di altre testimonianze importanti».
5) L’Opg vive
un periodo di "turbolenze", questo vostro lavoro può aiutare l'OPG in
questo momento?
«Premesso che
questo libro è nato con un altro scopo, ossia per abbattere i pregiudizi che ci
sono verso la struttura di Castiglione e più in generale verso il malato
psichiatrico e non come una campagna pro o contro Opg, possiamo affermare che
il momento per certi versi potrebbe aiutare la diffusione del nostro libro.
Abbiamo
cominciato a lavorarci all’inizio del 2011, quando ancora i tempi delle
turbolenze attuali non erano sospetti. Siamo convinte che chi leggerà il nostro
libro potrà farsi un’idea più precisa
dell’Opg di Castiglione delle Stiviere.
Ci sono tanti
accanimenti contro di esso e che non tutti sono fondati, ma c’è molto altro da
sapere: questo ambiente è animato da persone che fanno assistenza e non
sorveglianza, sono infermieri e oss che sono in prima linea e rischiano sulla
propria pelle per svolgere al meglio il loro lavoro, ogni giorno. E c’è quella pietas che induce ogni uomo e ogni donna
ad amare e rispettare il prossimo, sia esso sano o malato».
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